scampoli

6. Un violino in una falsa biografia

Rientrò tardi. La famiglia stava per mettersi a tavola. In ogni caso la minestra andava riscaldata. Lui detestava la minestra riscaldata. Sarebbe bastato solo questo a guastargli l’umore. Ma quello che lo faceva veramente infuriare era la ragione del ritardo: uno scocciatore, un questuante che aveva scambiato lui, rinomato liutaio di Cremona, per un mecenate. O per un allocco. Pazzesco!

«E non se ne voleva andare», riferì alle donne che facevano cerchio intorno a lui e al suo malumore, mentre nonno e bambini erano già seduti a tavola, impazienti. «Insisteva, insisteva, proprio non voleva capirla, non voleva andarsene…». Si levò la palandrana, rimboccò le maniche e si sedette con gli altri, sbuffando.

«In conclusione, che cosa voleva da te? Soldi?», chiese la moglie, portandogli le pantofole.

«No, voleva un violino. Un violino per il figlioletto. Capirai, uno viene da un famoso artigiano di Cremona e gli chiede un violino… e lo vuole gratis. Cosa da pazzi! Questi stranieri hanno una faccia tosta incredibile»-

«Ma tu dovevi mandarlo via subito», incalzò la moglie, con tono di rimprovero e rabbrividendo all’idea di un violino regalato e della minestra che aveva dovuto rimettere sul fuoco.

«Sì, lo so… avrei dovuto», chiosò lui mentre gettava un’occhiata alla zuppiera fumante che stava arrivando in tavola. «Ma sai bene come vanno queste cose. Entra in bottega uno che a fatica parta la nostra lingua e allora ci si fa in quattro per capire cosa dice, per sapere cosa vuole. Quello in principio chiede informazioni sugli strumenti e capisci che è uno che se ne intende. Pensi stia cercando uno strumento molto speciale, molto particolare, e quindi dove se non a Cremona? Poi improvvisamente si mette a parlare dei figli (quel tizio ne ha due, una femmina e un maschietto). Afferma che sono bravissimi, veri geni, che si sono esibiti già più volte in pubblico, suscitano meraviglia…  allora uno ci casca. Sta a sentire. In realtà mica ho capito subito dove intendeva andare a parare».

«E quando hai capito?». La padrona di casa aveva cominciato a scodellare la minestra, respingendo l’assalto del figliolo più piccolo che disinteressato della relazione paterna ora pretendeva un diritto di precedenza, forte di un appetito troppo a lungo represso.

«Quando ho capito, gli ho detto papale papale che io i violini li fabbrico per venderli non per regalarli!».

«Che coraggio! Come si fa a venire da un artista come te, un grande Maestro liutaio, e chiedergli in regalo una delle sue preziose opere? Roba da non credere!».

«Be’, a dire il vero non si trattava proprio di un regalo. Proponeva un baratto…».

«Un baratto?! Di che genere?».

«In cambio del violino mi avrebbe fatto scrivere qualche cosa dal figlioletto… che ne so? Una composizione, magari un concerto, diceva. Pare che il piccolo mostro sappia anche comporre. Figuriamo poi cosa, a quell’età!».

«Spero tu abbia rifiutato».

«Certo che ho rifiutato, per chi mi prendi? I bambini prodigio non esistono più. Ammesso che mai siano esistiti. Diceva che mi avrebbe regalato la partitura e voleva farmi credere che il piccolo l’avrebbe scritta in una notte. Figuriamoci. L’ho mandato a quel paese».

«Lui ci deve andare, quello è il suo posto!», scampato il pericolo la donna si era fatta sarcastica.

«Sai come sono gli stranieri. Fingono di non capire. Domani ripasserà».

«Santo Dio!».

Adesso le scodelle erano vuote, tranne quelle dei due coniugi, che presi dalla conversazione la minestra l’avevano a malapena assaggiata.

«Sai almeno come si chiama quel rompiscatole?».

«Mi ha lasciato il suo biglietto… eccolo. Viene da Salisburgo. Si chiama Leopold… Leopold Mozart».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *