Avrebbe avuto ancora il tempo per tornare sulla sua decisione. Esitò. In fondo era un bambino. Ma no, non ci avrebbe ripensato: era giunto il momento che qualcuno finalmente aprisse gli occhi a suo figlio. Non c’erano riusciti i compagni di scuola quindi toccava a lui, il padre. Questo Natale niente regali. Ancora il giorno prima aveva inutilmente cercato di convincerlo: «Gesù Bambino non esiste: sono papà e mamma che acquistano i doni per farli trovare sotto l’albero». Lui, come sempre, aveva sorriso, con quella inconfondibile fossetta in mezzo alla guancia destra. Poi lo aveva fissato con quegli occhi azzurri, ridenti, e aveva scosso i riccioli biondi con divertita testardaggine. Papà gli aveva esposto per l’ennesima volta il rituale ragionamento: «Allora perché i bambini poveri ricevono regali da pochi soldi o non ne ricevono affatto?». In proposito il piccolo aveva una personale teoria: «Perché devono restare poveri, così andranno in paradiso». «Ah, è così? Andiamo a parlare con il padrone del negozio qui sotto: lui ti dirà chi acquista i giocattoli». La fossetta non se ne voleva andare: «Siete tutti d’accordo. È che ai genitori piace prendersi il merito e così farvi volere più bene da noi bambini». Nulla da fare.
Mai il padre avrebbe immaginato di dover affrontare un problema di questo genere. Tutti i piccoli cercano di scoprire se veramente esiste un piccolo Gesù dispensatore di doni, e la inevitabile scoperta è un modo per sentirsi più grandi, meno bambini. In questo non manca una certa soddisfazione. È a suo modo un rito di passaggio. Già in prima elementare tutti quanti hanno fatto l’epocale scoperta. Se caso mai fosse rimasto un superstite, ci penseranno i compagni ad aprirgli gli occhi. Invece, con suo figlio, niente. Neppure la presa in giro dei compagni era servita, e in seconda classe era diventato la favola della scolaresca. Lo chiamavano “Alice”, con evidente riferimento al “paese delle meraviglie”, il “suo paese”.
La sera della vigilia la famiglia si riunì intorno alla tavola per la cena. Padre, madre e i due figli. Il più piccolo, cinque anni, aveva già capito tutto sul “mistero” dei regali ed era anche un po’ preoccupato perché non avvertiva quel movimento, quelle occhiate tra i genitori che vogliono dire che in casa c’è qualcosa, introdotta occultamente la notte precedente. Scambiarono poche parole. Per lui, il padre, c’era qualche nebbia di rimorso che gli appannava il cuore. Forse era stato troppo duro. Forse avrebbe dovuto preparare un regalo anche per il maggiore. Forse avrebbe dovuto ragionare più a lungo, con maggior calma, senza lasciare spazio alla stizza. Alzò il viso dal piatto e incontrò lo sguardo ridente del figliolo, il volto segnato allegramente dalla fossetta. Avrebbe voluto dire qualche cosa, ma non seppe trovare le parole.
Era a letto da diverse ore. Tutti dormivano. Lui no. Che razza di Natale sarebbe stato domani? Suo figlio avrebbe pianto? Si sarebbe arrabbiato sentendosi punito ingiustamente? Forse c’era un modo diverso per convincerlo di come stava realmente la faccenda. Ora era tardi. Sentì un rumore provenire dal salotto, come se qualcuno avesse appoggiato sul pavimento un oggetto pesante, con cautela. Tese l’orecchio. Il rumore si ripeté. Girò lo sguardo verso la porta che era rimasta aperta e notò che dal corridoio proveniva una leggera luce. «Ho dimenticato accesso il lumino del presepio», pensò con rassegnazione. Si alzò. Piano, a piedi nudi, si avviò verso il salotto. Prima però andò a bere in cucina. La luce adesso sembrava aumentata. Aveva una tonalità azzurra. «Strano», pensò, «la lampadina del presepio me la ricordo giallognola. Ma già, quando si è mezzo addormentati si vede male». Ancora quel rumore. Senza dubbio in salotto c’era qualcuno. «Vuoi vedere che si è alzato per vedere arrivare Gesù Bambino! Adesso lo spedisco a letto con una bella benedizione in fondo alla schiena». Gli era tornata la rabbia. Per sorprenderlo sul fatto fece ancora più piano. Aprì lentamente l’uscio. Solo pochi centimetri.
La stanza era invasa dalla luce e la luce non proveniva da nessuna parte. In piedi, vicino al divano, stava una figuretta che muoveva ingombranti pacchi colorati. Rimase pietrificato. Lo vedeva di spalle. Chiunque fosse era piccolino. Indossava una specie di camiciona che gli scendeva fino ai piedi, lasciandoli però nudi e scoperti. Gli sfuggì un’esclamazione di sorpresa. Il piccolino si girò. Era un bambino, con i riccioli biondi e gli occhi azzurri. Sorrideva, mentre una fossetta gli segnava la guancia destra.