Storia

20c La rinascita del centenario

Chiamiamolo “signor Rossi”. È un uomo, un piemontese, un pensionato – faceva il tecnico addetto alla manutenzione degli ascensori in un’azienda ospedaliera – e ha superato da un po’ il centesimo compleanno. Arrivato a questa sempre stupefacente età ha finalmente potuto liberarsi da quel “peso” che da anni (tantissimi) ne condiziona pesantemente le giornate: l’ipertrofia prostatica benigna. Un ingrossamento anomalo della ghiandola prostatica che può dare le prime avvisaglie già a cinquant’anni e che con il passare del tempo non fa altro che peggiorare. Fino all’ostruzione completa dell’uretra, il canaletto attraverso il quale ci si libera dall’urina.

A quel punto, se non ci si può affidare al chirurgo, il sistema per salvaguardare almeno i reni e dopo il fallimento delle terapie farmacologiche, è l’applicazione di un catetere permanente, un tubicino introdotto in uretra fino a raggiungere la vescica per dare modo al liquido di fuoriuscire. Espediente non doloroso ma che non è esente da rischi, tra i quali la non remota possibilità di contrarre infezioni. Inoltre è psicologicamente penalizzante.

Il “signor Rossi”, portatore di catetere da anni e abituale frequentatore del pronto soccorso dell’Ospedale Le Molinette di Torino, dove più volte ha dovuto recarsi in urgenza perché aggredito da un improvviso e irrefrenabile sanguinamento, ha trovato la soluzione definitiva per il suo problema nelle mani dell’équipe del professor Bruno Frea e nella luce verde di un laser.

Racconta il professor Frea, Primario urologo alle Molinette: «Le precedenti urgenze venivano risolte in pronto soccorso intervenendo per fermare l’emorragìa e con una trasfusione di sangue per reintegrare prontamente l’abbondante perdita subìta, dato che l’organismo non era in grado di farlo spontaneamente in tempi ragionevolmente brevi. Si eseguivano pure lavaggi vescicali». Il “signor Rossi” tornava a casa, ma dopo un periodo più o meno lungo, eccolo di nuovo in urgenza.

«La nostra perplessità ad affrontare l’intervento chirurgico tradizionale», puntualizza Frea, «stava nelle condizioni fisiche del paziente. Certo in buona forma per essere un centenario, ma pur sempre un fisico fragile, una struttura delicata con tessuti inevitabilmente logori e affaticati e una latente anemia. Insomma, non era proprio un paziente qualunque». All’ultima urgenza però scatta la decisione, presa dallo stesso professore, che Rossi ha già visitato puntualmente più volte e conosce molto bene: «Interveniamo con il laser». Si tratta di una ancor nuova tecnica che, impiegando un raggio al triborato di litio, presenta concreti vantaggi: niente bisturi, niente sanguinamento perché vaporizza il tessuto in eccesso – quello che ostruisce l’uretra impedendo la minzione -, non causa incontinenza o impotenza e richiede solo una breve sospensione di un’eventuale terapia a base di farmaci fluidificanti o antiaggreganti, indispensabile in soggetti con specifici problemi cardiocircolatori legati alla coagulazione del sangue. Il “signor Rossi” è uno di questi. Così passa, lui consenziente, dal pronto soccorso al reparto, e dal reparto alla sala operatoria, affidato alle mani di Frea e della sua équipe.

«L’intervento si è svolto secondo la prassi ma con un poco più di attenzione precauzionale. Dopo l’anestesia spinale (la totale, data l’età, era altamente sconsigliata), inizialmente non riuscivamo a raggiungere, con il catetere introdotto dal pene, la zona da vaporizzare. Ci trovavamo davanti a una prostata di dimensione inusitate: circa 250 grammi a fronte dei circa 30 di una persona normale. Superato l’ostacolo, sul monitor notammo che la vescica era in pessime condizioni: sottile e dall’aspetto di un groviera. Ci voleva moltissima delicatezza e tutta l’esperienza che avevamo accumulato nei quasi tre anni di impiego del laser a luce verde e in oltre quattrocento interventi. In conclusione, ci volle un’ora e mezza, con il paziente sveglio, attento e sereno». Il tessuto in eccesso viene trasformato in vapore e future emorragie scongiurate definitivamente.

Uscendo dalla sala operatoria, il “signor Rossi” si rivolge tranquillo al chirurgo: «Allora, avete usato il laser?». Alla risposta affermativa sorride. Per maggior sicurezza la degenza postoperatoria sarà di due notti anziché una e Rossi verrà mandato a casa con il catetere, che comunque sarà tolto dopo pochi giorni, anziché solo alcune ore, com’è per i normali pazienti operati con il “laser verde”. Poco male: la minzione è tornata normale e la vita con essa.

(Corriere.it – giugno 2016)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *