Pete Seeger, nato a New York nel 1919, figlio di un illustre etnomusicologo, Charles Seeger, è senza dubbio uno dei personaggi chiave del movimento folkmusic revival nordamericano. Il suo nome si ricollega direttamente a quelli altrettanto famosi – e diremmo addirittura leggendari – di Woody Guthrie e Leadbelly, dei quali rappresenta una sorta di complemento. Se Leadbelly fu il grande portavoce della cultura orale del nero americano nella sua globalità; se Guthrie fu inarrivabile creatore di ballate e canzoni che testimoniavano la realtà di un proletariato sfruttato e oppresso; Pete Seeger rappresenta, almeno nella parte più vitale e genuina della sua attività, la voce della grande tradzione bianca, di quella che si rifà ai coloni e al retaggio della cultura popolare delle Isole Britanniche.
Strumentista dalla tecnica agguerrita e virtuosistica, cantante dai mezzi vocali certo limitati ma non per questo meno espressivi, dopo la morte di Leadbelly e durante la terribile malattia di Guthrie che l’avrebbe condotto alla morte, ha rappresentato per la gioventù nordamericana un simbolo in cui riconoscersi. A ciò concorrevano vari elementi: la sua militanza politica nell’area radicale, la sua militanza nel folkrevival precedente la Seconda guerra mondiale, la sua appartenenza al famoso gruppo degli Almanac Singers, con Guthrie, nei primi anni ’40, la sua capacità di vivificare la presenza del pubblico durante i concerti, rendendolo elemento partecipante attivo degli stessi, le sue lotte con il “sistema” americano, per comprendere.
Per comprendere l’importanza di Pete Seeger nel panorama della folkmusic degli Usa basti pensare che il secondo gruppo di cui fece parte, The Weavers (oltre a Seeger, comprendeva Lee Hayes, Ronnie Gilbert e Fred Hellerman), in quattro anni di attività, dal 1948 al 1952, vendette quattro milioni di copie di canzoni quali On Top of Old Smoky, Goodnight Irene, So Long It’s Been Good to Know You. Ciò contribuì anche a far aprire gli occhi alla grande industria discografica americana sulle possibilità commerciali della musica folk, e a innescare quel procedimento di appropriazione, di edulcurazione e di mistificazione che più tardi avrebbe portato alla costruzione delle grandi stars, tipo Bob Dylan e Joan Baez. Ma se questo fa parte della logica del profitto di una società capitalistica industrializzata, non sminuisce affatto – storicamente – l’importanza di Seeger, egli stesso mantenutosi sostanzialmente “puro” da simili contaminazioni, e la cui enorme quantità di incisioni di canti popolari rappresenta oggi un vero archivio cui rifarsi e nel quale attingere per accostarsi alla cultura non ufficiale dell’uomo americano
[A.P. copertina del box di 3 dischi P. Seeger, Ballate d’America, Albatros]