Noi

34a Il Tempo e il Silenzio

Durante la cena di una serata sul finire del 1959, mio Padre dopo l’ultimo cucchiaio di minestra («apre lo stomaco», come gli piaceva ripetere), comunicò alla famiglia riunita una novità che da lui nessuno di noi si sarebbe aspettato: «Domani vado a vedere un film». Evento straordinario, dunque, dato che fino a quel martedì di novembre, al cinema nel corso della sua vita si era recato solo un tre o quattro di volte. Forse meno. «È per via di un “benevolo” invito rivolto a tutti i dirigenti Edison-Volta direttamente da parte della Direzione generale. Un nostro fattorino, dopo una serie di brevi documentari riguardati l’attività della Società, ha girato la sua prima pellicola a soggetto. L’argomento, ovviamente, riguarda da vicino il gruppo».

Il ragazzo si chiama Ermanno Olmi e ha 28 anni. Si è trasferito a Milano da Treviglio (era nato a Bergamo, da padre ferroviere e madre operaia) per studiare Arte drammatica, intanto ha trovato impiego e sostentamento finanziario nella Società di Foro Bonaparte. Qui si occupa anche delle “attività ricreative”, tra le quali certo rientra di diritto il cinema. I primi documentari sono piaciuti ai Capi, e questi ora gli danno maggior credito e bonario appoggio.

Il film, che dura poco meno di un’ora, si intitola Il tempo si è fermato. Una storia vera e propria praticamente non c’è. Vi si descrive solo il rapporto umano tra il custode di una diga eretta per rifornire di acqua, e quindi di forza motrice per le turbine, la centrale elettrica sottostante, e uno studente universitario venuto a sostituire l’aiutante del custode, ora a casa per stare accanto alla moglie che ha appena avuto un bambino. È una convivenza fatta di lunghi silenzi, di piccoli gesti quotidiani, di giornate in cui nulla accade, di sguardi senza parole, di precisi compiti da eseguire, di brevi domande senza risposte, di consigli a fior di labbra… Il collega anziano vive in una sorta di tenace silenzio autoimposto, il giovane lo osserva e non commenta più di tanto. Nonostante ciò, alla fine il rapporto sfocerà in una simpatia reciproca, anche se non chiaramente espressa. La Natura intanto osserva, mentre copre di neve le cime e i pendii dell’Adamello.

A mio Padre il breve film piacque. La sera seguente ci disse che lassù, sulle dighe tra le montagne, d’inverno la vita scorre a quei ritmi, la gente ha quei caratteri, il tempo quelle cadenze, mentre i rapporti si adeguano al calendario, i caratteri di stemperano, e l’amicizia si manifesta in maniera sommessa e sottintesa. Ogni giornata è la copia di quella che l’ha preceduta, e solo un evento inatteso, come può esserlo il distacco di una slavina (che peraltro il film non prende nemmeno in considerazione), può rimettere in moto il tempo che «si è fermato».

Nel 1978 Olmi diventerà famoso nel mondo con L’albero degli zoccoli. Probabilmente mio padre sarebbe andato al cinema una volta di più, ma da sette anni il tempo, il suo, si era fermato.

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