«Hai sentito ? … ancora !». Tra l’ombra della notte e la luce della Luna, il volto ragazzino dell’amico sembrava quello di uno spettro. La mano con l’indice alzato puntava lontano, lo sguardo era interrogativo, le labbra socchiuse. Stavano appoggiati al muretto che si affacciava sulla stretta vallata, giù a rompicollo, in fondo alla quale, tra alberi che la notte rendeva uniformemente grigi macchiati di nero, scorreva acciottolante il torrentello. «Ecco… è là». Si levò di nuovo il grido opaco e bitonale del gufo, a tagliare l’aria. «È in caccia». Nella luce opalescente che accarezzava lo spazio tra loro e la ripida collina di fronte, a un tratto lo videro, come nella sequenza rallentata di un film, mentre andava a tuffarsi nell’ombra. Silenzioso, come in un acquario. Immaginarono di udire il fruscio delle ali che planavano mollemente nel nulla. I grilli avevano smesso di cantare. Tutto era avvolto in uno stato di attesa sospesa. Quasi lo iato che intercorre tra la fine della musica… e la musica. «Tornerà ?». Non tornò, e furono in tre: loro due e la Luna lassù.
P.S. Il riferimento alla musica si trova in “Portrait of a Girl”, di Conrad Aiken; quello alla Luna in “The Death of the Hired Man” di Robert Frost.